Torre di Rienzo
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La Torre di Rienzo si colloca nel sistema difensivo costiero contro gli attacchi pirateschi voluto dal Vicerè Pedro de Toledo intorno al 1535.
Fino al 1568 lo specchio di mare prospiciente Cetraro era presidiato a nord da Torre di Fella e a sud dalla Torre di Guardia, l’erezione della Torre di Rienzo fu successiva al 1619. Inizialmente nota come Torre d'Acqua Perropata, per via della sua vicinanza a una cascata, la Torre deve la sua denominazione successiva al torriere Lorenzo Daniele, che rivestì l’incarico nel 1668-69.
La struttura, a pianta quadrata, misura 10x10x20 e presenta un paramento a scarpa.
Si eleva su tre piani coperti a volta, con scaletta interna: magazzini, alloggiamenti e batteria. Erano armate da una colubrina e due petriere, dotate anche di fornelli per le fumate di segnale in caso dell’assedio.
Il servizio di guardia era composto da un caporale e tre torrieri. La Torre di Rienzo rientra nello specifico delle cosiddette “torri cavallare” ovvero, non di vera e propria difesa ma di segnalazione
mediante guardia a cavallo.
Da Calabria Straordinaria
Approfondimento
La costruzione
Nel corso della prima metà del '500, le scorrerie turche contro le coste calabre si fecero sempre più insistenti e feroci. Sul litorale del medio Tirreno cosentino, nell'agosto del 1534, S. Lucido e Cetraro furono orrendamente devastate e quasi tutti i paesi rivieraschi subirono periodici saccheggi, spoliazioni e finanche deportazioni di uomini e donne. Un primo disegno di apprestamenti difensivi, da erigersi lungo tutte le coste del Regno di Napoli, venne concepito dal Vicerè d. Pedro de Toledo, intorno al 1535, ma fu un suo successore, il Duca d'Alcalà, ad intraprendere di fatto la costruzione della Torre, tra il 1559-67, affidandone l'alta direzione al marchese di Cerchiara, d. Fabrizio Pignatelli (Engels).
La costruzione delle torri, finanziata imponendo balzelli a tutta la popolazione costiera, procedette, però, a rilento e con gravi lacune strategiche: tant’è che, ancora nel 1568, l'ampio specchio di mare prospiciente Cetraro era presidiato, a Nord, dalla Torre di Fella, e a Sud, dalla Torre di Guardia; rimaneva così del tutto sguarnito il Capo del Cetraro e le sue cale. In quell'anno, nell'Arsenale di Cetraro, sito ai piedi della Marinarìa, nel vasto letto della "praia", si stavano costruendo "per servizio Regio (...) sette galere", e "per non essere in detto capo delo Citraro torre de guardia, fu de bisogno metterce guardia de gente continua che fu di spesa a sua Maestà, et danno de populi per detta guardia, e fu necessario che le dette galere fussero remurchiate in Messina (...) e se in detto capo del Citraro ci fusse stata guardia non se saria havuto pagura de Corsari che le havessero venute a bruggiare" (Arch.Cass.; Reg. IV, f. 113; lozzi).
La gente di Cetraro non esitava a esprimere la sua preoccupazione per essere sfornita d'una torre costiera, apponendo, in un'istanza al Vicerè, argomenti diversi per nulla convincenti e lamentando, peraltro, che le due torri già erette, di Fella e di Guardia, fossero del tutto incongrue a garantire la sicurezza anche delle sue acque. "Nell'anno 1573 essendose nascoste in detto capo delo Citraro et sue cale, tre galeotte di Turchi dove stettero tutto un dì et una notte senza essere scoperte dalle torri sopradette et terrieri, et havendo dette galeotte poste gente in terra, uscirono li homini sopradetti delo Citraro, havendono detti Turchi fatto schiavi et preda in terra, et se posero in difesa et fecero imbarcare detti Turchi et uscire dal capo et cale, et metterse in alto mare et se detti homini delo Citraro non havessero fatto faccia, haveriano li Turchi fatto gran danno et buttino" (ibidem). Il documento citato, del 1595, fa fede che, ancora in quell'anno, non era stata costruita alcuna torre sul litorale cetrarese. Ove si consideri, poi, che la Carta Geografica di Calabria Citra, elaborata da Fabio Magini in Bologna nel 1602, censisce successivamente le sole due Torri di Capo Fella e di Guardia (Valente) e che la celeberrima mappa cassinese del Cetraro, risalente al 1619, raffigura ancora soltanto due torri, non si può che dedurre che l'erezione della Torre di Rienzo sia, quanto meno, successiva al 1619.
La denominazione.
La torre cetrarese ebbe inizialmente il nome di Torre d'Acqua Perropata (Elenco Acton), da una vicina cascata che si riversava da un dirupo della ‘Ncramata, e di cui ancora oggi resta qualche esile traccia. La denominazione successiva, Torre di Rienzo, pare si debba, invece, imputare al nome d'un suo torriere, Lorenzo Daniele, che rivestì tale incarico dal 1668 al 1669 (Valente/lozzi). Quest’ultima circostanza, avvalorerebbe una datazione tarda dell'effettivo funzionamento della torre.
Il sistema di difesa.
La catena costiera delle torri di guardia serviva "non tanto per una momentanea difesa, quanto perché l'una, qual prima scorgesse il pericolo, col fuoco dimostrandolo all'altre, in meno di poche ore ne venisse avvisato tutto il Regno" (Fiore). Fu cosi, che "da un capo all'altro, dall'Adriatico al Tirreno, il Regno di Napoli era sotto guardia di ben 339 torri" (Valente), aggruppate a una distanza di circa 6 miglia l'una dall'altra.
In un primo tempo, esse assunsero una prevalente forma cilindrica, ma, da quando fu emanato l'apposito programma, se ne codificò, in qualche modo, la forma, le dimensioni e l'armamento.
Furono, quindi, erette a pianta quadrata, di mt 10x10x20 di altezza, con paramento a scarpa. Ognuna constava "di 3 piani coperti a volta, con scaletta interna: uno per i magazzini, uno per gli alloggiamenti, e quello superiore per la batteria. Erano armate da una colubrina, due petriere ed altri pezzi minuti; e dotate anche di fornelli per le fumate di segnale in caso d'assedio. Il servizio di guardia era composto da 1 caporale e da 3 torrieri" (Engels). Da un punto di vista strategico, furono distinte in "torri cavallare", come quella di Rienzo, e "torri di difesa" vera e propria. Le prime prendevano nome dalle guardie a cavallo, e s'avvalevano anche d'una piccola stalla, ubicata nei pressi della torre. I cavallari "si dividevano la marina in sezioni; e percorrendo, a due a due, le coste, di notte e di giorno, tra una torre e l'altra, dando fiato ai corni di cui eran dotati, o sparando colpi d'archibugio, davano avviso ai torrieri delle minacce di sbarco. Venivano eletti in pubblico parlamento, e duravano in carica 3 anni. Eran soggetti a pene d'una certa severità per ogni trasgressione, fosse anche più che piccola"(Valente).
Le caratteristiche proprie della Torre di Rienzo.
"La torre, costruita su un costone roccioso in prossimità del mare, non è dissimile da quelle costruite nella stessa epoca. Ha forma quadrata, con struttura piuttosto tozza, con spigoli molto acuti, e l'ingresso in alto, al quale si accedeva con una scala. Lo sviluppo è su 3 livelli; la parte inferiore è a scarpa, limitata in alto da un coronamento in pietra; centralmente v'è il piano terra, con soffitto a volta ed accesso laterale; superiormente v'è il primo piano, a cui si accede mediante una scala in pietra, terminante con coronamento sporgente costituito da mensole, i cui peducci s'impostano sulla parete verticale, fra le quali si aprono i numerosi piombatoi. Annessa alla torre v'era la stalla, di cui oggi sono visibili alcune tracce della muratura" (Soprintendenza di Cosenza; 1997). Da un atto del notaio Giacomo Lattaro del 15 marzo 1761, si apprende che "in esecuzione d'ordine regio circolare", i mastri muratori Giacomo di Vitto, Bonaventura e Saverio Fragale, su richiesta del Sindaco di Cetraro, d. Francesco Antonio Vaccaro, provvidero al "risarcimento della Regia Torre", a fronte d'un corrispettivo di "docati 60 e grana 63".
Fuoco contro gli Inglesi.
Ancora durante la fase del Regno di Murat, la Torre di Rienzo mostrò d'essere attiva, aprendo il fuoco contro due unità navali anglo-borboniche, che tentavano di predare tre battelli provenienti da Napoli (Greco/lozzi): "Il dì 8 febbraio 1811, un leutello ed una lancia, nelle acque di Cetraro poco lungi da terra, intendevano a dar la caccia a 3 feluche provenienti da Napoli. Serafino Guaglianone e Fedele Bianco, guardie littorali, nella punta del Triolo, da valido posto, tennero vivo fuoco per offesa alla lancia, e per salutevole segnale ai vicini paesi insidiati da legni nemici. Numerosa schiera, guardacoste e legionari, incontanente accorse da Cetraro e Bonifati".
Di Carlo Andreoli