Prodotti tipici

 

 

LE CLEMENTINE DI CALABRIA (IGP)

CAPOCOLLO DI CALABRIA (DOP)

PANCETTA DI CALABRIA (DOP)

SALSICCIA DI CALABRIA (DOP)

SOPRESSATA DI CALABRIA (DOP)

 

 

LE CLEMENTINE DI CALABRIA (IGP)

La zona di produzione si estende all'intero territorio della regione Calabria

La coltivazione delle clementine si è diffusa dopo il 1950 in Calabria, dove questo agrume ha trovato il suo habitat naturale: un clima mite e costante che permette al frutto di sviluppare appieno le sue caratteristiche qualitative estrinseche e intrinseche e di maturare molto precocemente, ai primi di ottobre.

 

Come si consuma

La Clementina di Calabria è rinfrescante e diuretica e possiede un elevato contenuto di zuccheri disponibili. In cucina, può essere consumata al naturale o impiegata per preparare succhi, sciroppi, sorbetti, marmellate. Il frutto è utilizzato anche in cosmesi nella preparazione di lozioni tonificanti e maschere per la pelle.

 

Come si conserva

La clementina va tenuta in frigorifero, dove si conserva anche per settimane.

 

Come si produce

Le piante di clementine, per vegetare bene e produrre regolarmente frutti di ottima qualità e in grande quantità, necessitano di tecniche colturali adeguate, eseguite con tempestività e con molto scrupolo, specialmente nelle prime fasi di sviluppo, in quanto l'albero delle clementine è molto sensibile e delicato durante i primi anni di vita.

La Clementina di Calabria non è sottoposta ad alcun tipo di lavorazione industriale e può essere commercializzata sfusa o confezionata, nel qual caso viene sottoposta a selezione, calibratura e retinatura.

 

Registrazione europea con regolamento CE n. 2325/97 pubblicato sulla GUCE L 322/97 del 25 novembre 1997

 

 

 

CAPOCOLLO DI CALABRIA (DOP)

Le origini dei salumi calabresi si fanno risalire ai fasti culturali della Magna Grecia, mentre le testimonianze storiche descrivono lavorazioni di carni suine fin dal secolo XVII. In epoca più recente, la produzione di insaccati è attestata dalle statistiche pubblicate a seguito dei censimenti dell'epoca di Gioacchino Murat, nei primi anni del XIX secolo.

Tra i più illustri estimatori dei salumi di questa regione c'è Giacomo Casanova, che narra di averli assaggiati con particolare godimento durante un suo viaggio in Calabria, giudicandoli tra i migliori che avesse mai provato. 

 

Come si consuma

Il gusto, intenso e delicato nello stesso tempo, è esaltato dall'abbinamento con vini rossi ben strutturati; il capocollo è tipicamente consumato come antipasto o come spuntino, con il tradizionale pane locale a lievitazione naturale, cotto nel forno a legna.

 

Come si conserva

Si mantiene perfettamente, per circa un anno, in luoghi freschi e asciutti, dove viene tradizionalmente appeso al soffitto per completare il processo di stagionatura. In alternativa, una conservazione soddisfacente è quella sotto vuoto, al fine di mantenere intatte le caratteristiche organolettiche; se già cominciato, si può mettere in frigorifero, dove si mantiene per un periodo di tempo più breve. 

 

Come si produce

Il Capocollo di Calabria viene preparato utilizzando la parte superiore del lombo di maiale, disossato e salato a secco, con sale da cucina macinato. Il peso del capocollo, allo stato fresco, deve essere compreso tra 3,5 e 4,5 chilogrammi. La salatura dura da quattro ad otto giorni dopo i quali il capocollo viene lavato con acqua, bagnato con aceto di vino e sottoposto alle operazioni di massaggio e pressatura. Successivamente si aggiunge pepe nero a grani e il capocollo si avvolge in un diaframma parietale suino. Infine, si procede alla tradizionale legatura, in senso avvolgente, con spago naturale, e alla foratura dell'involucro. In seguito il capocollo si appende a sgocciolare in locali ben ventilati nei quali si controlla l'umidità relativa e la temperatura.

La stagionatura deve avvenire in locali che consentano di limitare lo sviluppo della flora microbica e favorire, invece, la lenta maturazione. Quest'ultima avviene in non meno di cento giorni dalla data della avvenuta salatura.

 

 

 

 

PANCETTA DI CALABRIA (DOP)

Si ottiene dalla lavorazione di carni di suini nati nel territorio delle regioni Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania e allevati nella regione Calabria dall'età massima di quattro mesi. La lavorazione avviene nell'intero territorio della regione Calabria

 

Le origini dei salumi di Calabria si fanno risalire al periodo della colonizzazione greca delle coste ioniche e ai fasti culturali della Magna Grecia. Le testimonianze storiche descrivono lavorazioni di carni suine fin dal secolo XVII. In tale epoca si colloca il primo riferimento scritto inserito in un'opera intitolata "Della Calabria Illustrata", dove si fa menzione di un ampio utilizzo della specifica tecnica di lavorazione della carne suina. In epoca più recente la produzione di insaccati in Calabria è attestata da statistiche pubblicate a seguito di censimenti dell'epoca di Gioacchino Murat (primi anni del XIX secolo). In tali documenti si evidenzia anche l'utilizzo di spezie e aromi, derivati da piante locali, per dare maggiore sapidità alle carni.

Tra gli illustri testimoni della bontà dei salumi calabresi vi è Giacomo Casanova. Egli narra, nelle sue memorie, di aver pranzato, durante un suo viaggio in Calabria, presso la mensa del vescovo Francescantonio Cavalcanti. Qui assaggiò i salumi della Calabria, giudicandoli i migliori che avesse mai mangiato.

 

Come si consuma

La Pancetta di Calabria entra a far parte di numerose ricette italiane ed è molto utilizzata nella preparazione dei soffritti. Può essere consumata anche cruda, o appena riscaldata, in fette più o meno sottili, insieme al pane salato, cotto nel forno a legna, tipico della tradizione locale.

 

Come si conserva

La conservazione ideale avviene in luoghi freschi e asciutti. In alternativa si consiglia la conservazione sotto vuoto, che ne consente il perfetto mantenimento delle caratteristiche organolettiche. Una volta cominciata, può essere lasciata in frigorifero, avvolta in un canovaccio.

 

Come si produce

La Pancetta di Calabria è un prodotto derivato dal sottocostato inferiore dei suini allevati in Calabria, con presenza di cotenna, sezionato nella caratteristica forma rettangolare. La pancetta con cotenna, del peso variabile dai 3 ai 4 chili, deve essere tagliata a forma rettangolare e avere uno spessore compreso tra 3 e 4 centimetri. Dopo la preparazione viene sottoposta a salatura, per un periodo da quattro a otto giorni. Successivamente la pancetta viene lavata con acqua e bagnata con aceto di vino. La parte superficiale può essere ricoperta con polvere di peperoncino. Segue quindi un periodo di stagionatura di almeno trenta giorni, in locali con umidità relativa e temperatura controllate. 

 

Registrazione europea con regolamento CE n. 134/98 pubblicato sulla GUCE L 15/98 del 21 gennaio 1998

 

 

 

SALSICCIA DI CALABRIA (DOP)

La Salsiccia di Calabria deve essere ottenuta dalla lavorazione di carni di suini nati nel territorio delle regioni Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania e allevati nel territorio della regione Calabria dall'età massima di quattro mesi.

Le fasi di macellazione e lavorazione devono aver luogo nel territorio calabrese

 

L'origine della tradizione salumiera calabrese risale, probabilmente, all'epoca della colonizzazione greca delle coste ioniche e ai fasti della Magna Grecia. Le testimonianze storiche descrivono lavorazioni di carni suine fin dal secolo XVII. In tale epoca si colloca il primo riferimento scritto, inserito in un'opera intitolata "Della Calabria Illustrata", dove si fa menzione di un ampio utilizzo della specifica tecnica di lavorazione della carne suina. In epoca più recente la produzione di insaccati in Calabria è attestata da statistiche, pubblicate a seguito di censimenti dell'epoca di Gioacchino Murat, risalenti ai primi anni del XIX secolo. In tali documenti si evidenzia anche l'utilizzo di spezie e aromi derivati da piante locali per dare maggiore sapidità alle carni.

Tra gli illustri testimoni della bontà dei salumi calabresi c'è Giacomo Casanova. Egli narra, nelle sue memorie, di aver pranzato, durante un suo viaggio in Calabria, presso la mensa del vescovo Francescantonio Cavalcanti. Qui degustò i salumi della Calabria giudicandoli i migliori che avesse mai mangiato.

 

Come si consuma

Il gusto particolare e intenso è valorizzato dall'accostamento con vini rossi della tradizione locale, a elevata gradazione alcolica. La salsiccia, che entra a far parte di gustosissime ricette della gastronomia meridionale, può essere gustata anche da sola, servita come antipasto insieme ad altri salumi e formaggi tipici, abbinata al pane a lievitazione naturale.

 

Come si conserva

Si mantiene perfettamente per circa un anno in luoghi freschi e asciutti, dove viene tradizionalmente appesa al soffitto per completare il processo di stagionatura. In alternativa, può essere messa sotto olio o sotto grasso e conservata in contenitori di vetro o, ancora, in buste di plastica sotto vuoto o, semplicemente, in frigorifero.

 

Come si produce

La Salsiccia di Calabria è un prodotto ricavato da carni della spalla e del sottocostola dei suini, con lardo e ingredienti aromatici naturali. Le carni e il lardo vengono lavorati quando la temperatura interna è compresa tra 0 e 3°C. La percentuale di grasso contenuto nell'impasto deve essere compresa tra il 15 e il 20 per cento per ogni chilogrammo di carne lavorata.

L'impasto viene insaccato in budella naturali di suino, successivamente forate, e quindi intrecciato a mano nella caratteristica forma a catenella. La stagionatura è di breve-media durata.

 

Registrazione europea con regolamento CE n. 134/98 pubblicato sulla GUCE L 15/98 del 21 gennaio 1998

 

  

 

SOPRESSATA DI CALABRIA (DOP)

Le fasi di macellazione e lavorazione devono avvenire nel territorio calabrese. La carne utilizzata per la produzione deve provenire da suini nati in Calabria, Sicilia, Basilicata, Puglia e Campania e allevati in Calabria dall?età massima di quattro mesi

 

Le origini dei salumi calabresi si fanno risalire ai fasti culturali della Magna Grecia, mentre le testimonianze storiche descrivono lavorazioni di carni suine fin dal secolo XVII. In epoca più recente, la produzione di insaccati è attestata dalle statistiche pubblicate a seguito dei censimenti dell'epoca di Gioacchino Murat, nei primi anni del XIX secolo.

Tra i più illustri estimatori dei salumi di questa regione c'è Giacomo Casanova, che narra di averli assaggiati con particolare godimento durante un suo viaggio in Calabria, giudicandoli come i migliori salumi che avesse mai provato.

 

Come si consuma

La ricchezza di gusto e di sapori diversi è sicuramente premiata dall'accostamento con vini rossi locali, a elevata gradazione alcolica, densi e corposi; la soppressata è servita normalmente come antipasto per completare ricchi carré di salumi, più raramente come farcitura di primi e secondi piatti.

 

Come si conserva

Si mantiene perfettamente per circa un anno in luoghi freschi e asciutti, dove viene tradizionalmente appesa al soffitto per completare il processo di stagionatura. In alternativa, può essere messa sotto olio o sotto grasso e conservata in contenitori di vetro o, ancora, in buste di plastica sotto vuoto.

 

Come si produce

La Soppressata di Calabria è preparata con un impasto di carne tritata a medio taglio, grasso e elementi aromatici naturali. Le parti del maiale utilizzate sono la spalla e il prosciutto per la carne, mentre il grasso deriva dalla parte anteriore del lombo, vicino al capocollo. L'insieme viene pressato in modo da assumere una forma cilindrica schiacciata ai lati, e poi sottoposto a stagionatura di media durata.

Il processo produttivo della Soppressata di Calabria è il risultato dell'evoluzione di particolari tradizioni e usi locali che richiedono l'uso di carni derivate da allevamenti locali di suini pesanti, tipici delle linee genealogiche italiane, alimentati con prodotti vegetali caratteristici dell'area considerata. L'impiego di essenze aromatiche naturali (pepe nero, pepe rosso, peperoncino, cumino) influenza in modo del tutto peculiare le qualità organolettiche delle carni.

 

Registrazione europea con regolamento CE n. 134/98 pubblicato sulla GUCE L 15/98 del 21 gennaio 1998

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